In data 1 gennaio 2016 è stato istituito il nuovo comune di ALTO RENO TERME mediante fusione dei comuni di Granaglione e Porretta Terme nella città metropolitana di Bologna.
LR 2019-2015 "ISTITUZIONE COMUNE ALTO RENO TERME
Ex comune di Porretta Terme
La storia ultramillenaria della stazione termale di Porretta è vastissima e molto articolata. Per quanto riguarda l'epoca antica la maggior parte delle informazioni si desume indirettamente da scritti e resoconti di studiosi che nei secoli precedenti si sono occupati del problema; dai testi si possono estrapolare dati e notizie su vestigia di epoca classica scoperte nelle vicinanze delle sorgenti termali dei Bagni della Porretta che ci tramandano notizie sull'esistenza e l'antichità d'uso delle acque curative in questa zona.
Abbiamo però anche una fonte diretta a testimonianza dell'esistenza di sorgenti termali almeno dall'età romana: si tratta del famoso mascherone raffigurante il volto di un leone, oggi simbolo delle Terme di Porretta. Questa effigie di marmo recuperata nel 1888 lungo il greto del Rio Maggiore viene fatta risalire al primo secolo della nostra era.
I secoli dell'Alto Medioevo non ci hanno tramandato alcun documento storico, né archeologico, né scritto, che ci informi sulle terme porrettane. Solo a partire dal XII secolo, Porretta e le sue terme cominciano ad essere citate in numerosi documenti, e dalla seconda metà del Trecento si intensifica in maniera sempre maggiore l'interesse per i bagni, soprattutto da parte del potere politico bolognese.
Allo stesso periodo risale la costruzione dei primi alberghi comunitari e comincia a prendere forma l'attuale centro abitato con il nome di Bagni della Porretta.
Risale a questo periodo la leggenda del bue ridotto in consunzione che lasciato in libertà dal suo padrone, si abbeverò alle acque che sgorgano dal Monte Sassocardo, ritornando alla stalla perfettamente risanato. Di qui la riscoperta delle proprietà curative delle acque minerali e l'assunzione quale stemma da parte del Comune di un bove che si abbevera alla sorgente.
I secoli XV e XVI videro accrescere l'interesse di Principi e Signori italiani del Rinascimento per le terme di Porretta. Basti ricordare Lorenzo il Magnifico, Bianca Cappello moglie di Francesco I de' Medici, il Cardinale Francesco Gonzaga che aveva al suo seguito il celebre pittore Andrea Mantegna, Giovanni Sforza Visconti primo marito di Lucrezia Borgia. La fama di Porretta e delle sue terme nel campo della sterilità femminile era tale che il famoso mercante pratese Francesco di Marco Datini nel 1387 ne scrive in alcune lettere comprese nel suo epistolario commerciale. Perfino Niccolò Machiavelli le cita ne "La Mandragola" (Atto I - Scena II).
Dal XVI al XVIII si sviluppa il metodo sperimentale che, con l'Illuminismo, invade tutti i campi del sapere e si rifletterà sulle conoscenze più o meno empiriche che allora si avevano sulle acque minerali e sul loro meccanismo d'azione. Questo periodo per le terme di Porretta coincide con il governo della contea dei Ranuzzi, durante il quale assistiamo ad un ulteriore sviluppo delle terme con la conseguente commercializzazione delle acque e dei sali da esse ricavati.
Le cure termali sono ancora, in questo periodo, privilegio di pochi e l'accesso a Porretta è ostacolato dall'inaccessibilità dei luoghi e dall'insufficiente ricettività alberghiera.
La Signoria dei Ranuzzi terminò con la Rivoluzione Francese, quando Porretta divenne parte dell'Impero Napoleonico, per passare poi sotto lo Stato Pontificio nel 1814 e nel Regno d'Italia nel 1859.
Il XIX secolo è il periodo del grande rinnovamento dell'idrologia, sia dal punto di vista dottrinario che pratico. In questo secolo le stazioni termali subirono una rivoluzione architettonica, con ricostruzioni maestose, spesso però senza rispettare le vestigia del passato. Si distrussero così importanti reperti, come successe anche a Porretta con la costruzione del nuovo stabilimento Leone-Bove, sorto sull'antico impianto termale.
Le terme erano frequentate da un pubblico scelto, rappresentato dalla classe dirigente dell'epoca, la società borghese che vedeva nella cittadina termale, oltre a un'occasione di cura, anche un luogo di svago e villeggiatura. Per i Bagni della Porretta questo secolo rappresentò l'apice, con un afflusso di bagnanti mai realizzatosi nel passato.
L'Ottocento coincise quindi con un periodo di grande sviluppo delle terme e di Porretta stessa, determinato, e a sua volta determinante per una serie di fenomeni: costruzione di nuove strade, ferrovie, nuovi stabilimenti, accresciuta collaborazione con la Facoltà di Medicina dell'Università di Bologna,....
Dopo l'Unità d'Italia l'afflusso dei curandi subì un netto e progressivo incremento. La fama delle proprietà terapeutiche delle acque termali porrettane si diffuse nella penisola e all'estero, a Porretta in quegli anni si tenevano numerosi convegni medici. I giornali dell'epoca nelle loro cronache parlavano spesso delle terme porrettane, cronache da cui uscivano spaccati di vita termale interessanti e particolari, ricchi sia di episodi curiosi come di avvenimenti importanti per la vita e lo sviluppo delle terme. Porretta era una stazione termale vivace e alla moda. Numerosi erano gli artisti lirici che vennero qui per ristorare e fortificare le loro preziose corde vocali con le cure inalatorie.
Fra i tanti citiamo Adelina Patti, Gemma Bellincioni, Alessandro Bonci, Giuseppe Borgatti, Ezio Pinza, Toti Dal Monte, Gino Bechi.
Nella seconda metà del Novecento il termalismo diventa un fenomeno di massa: scompaiono da Porretta i tanti letterati, i pittori, gli artisti del canto che l'avevano deputata loro stazione termale ideale, e tutta l'aristocrazia della cultura e dell'arte. In linea generale si verificò una netta separazione fra cura termale e villeggiatura estiva.
Una curiosità. Demetrio Lorenzini, farmacista, geologo e botanico, nato e vissuto a Porretta tra il 1834 e il 1910, autore della "Guida ai Bagni della Porretta", sosteneva che il nome Porretta deriva da "una misera parrocchia intitolata a Santi Nicolai di Poreda", nome anche di "un antico castello già distrutto nella guerra fra i Bolognesi e quelli della Sambuca Pistoiese".
IL CENTRO STORICO
La parte più antica di Porretta è quella disposta parallelamente al corso del Rio Maggiore, che risulta l'elemento urbanisticamente più rilevante nella formazione dell'antico nucleo porrettano. L'espansione dell'abitato lungo l'asse fluviale del Reno iniziò nella seconda metà del secolo scorso, dopo l'apertura della strada provinciale porrettana.
Fra i primi interventi in tal senso troviamo l'Ospedale Costa, che ha mantenuto inalterata nel tempo l'originaria ubicazione, il Convento dei Cappuccini e la parte iniziale di Via Mazzini.
Fanno invece parte della zona più antica del paese le caratteristiche Via Falcone, Via Ranuzzi (con il bel voltone del Crocefisso) e Via Terme, che hanno mantenuto quasi integralmente il loro aspetto di un tempo. Una curiosità: il nome Via del Falcone è l'unico termine toponomastico pervenutoci per testimoniare l'esistenza, fin dal'500, di osterie con insegne esterne in ferro battuto rappresentanti un animale, o in altri casi una nave ed altri simboli.
Via Matteotti, che oggi si affaccia sul Rio Maggiore, prima della II Guerra Mondiale era costeggiata da case su entrambi i lati; gli edifici della parte che da sul fiume vennero abbattuti con lo scopo di creare una via di più facile accesso alle Terme Alte.
Questa è la zona di Porretta che ha subito i più vistosi rimaneggiamenti. L'ingresso al ponte che adesso collega Via Matteotti a Via Terme , detto "ponte dei sospiri" , era costituito da un voltone su cui era situato l'orologio comunale; il voltone fu distrutto nel periodo fra le due guerre per far posto all'edificio detto "Casa del Fascio", e l'orologio venne trasferito sul campanile della chiesa parrocchiale. Elemento tipico di quete strette vie era il "ballatoio", che passava sopra la strada collegando gli edifici ai due lati; tale tipo di manufatto rappresenta il diretto antecedente del vero e proprio voltone in muratura spesso costruito per reperire nuovi spazi abitativi in un contesto urbanisticamente ristretto. Nell'Ottocento il paese presentava moltissime strutture di questo tipo, oggi purtroppo quasi completamente scomparse. La piazzetta delle Terme Alte, fra gli stabilimenti del Leone-Bovi, delle Donzelle e del Marte, in passato, durante la stagione estiva, rappresentava il più importante luogo d'incontro della numerosa colonia villeggiante di coloro che, come si diceva venivano a "passare le acque" a Porretta. Gli edifici che costituiscono le cosiddette Terme Alte hanno subito varie ristrutturazioni nel corso dei secoli: l'aspetto odierno è pressappoco quello che presentavano alla fine dell'Ottocento.
Era stato il Conte Girolamo II nella seconda metà del Settecento a promuovere un primo rinnovamento edilizio degli stabilimenti termali per rilanciare le sorgenti porrettane a livello italiano ed anche internazionale. Il vero rinnovamento si ebbe nella prima metà dell'Ottocento quando la Provincia di Bologna, nuova proprietaria, promosse la costruzione di vari nuovi stabilimenti (Porretta Vecchia, Puzzola e Donzelle, quest'ultimo innalzato nel 1826 nel luogo dove in precedenza sorgeva l'antico mulino del Comune di Capugnano) ed il restauro di altri già esistenti, come il Marte ed il Leone-Bovi.
Dove oggi c'è la chiusa del laghetto, esisteva una semplice cascata, che alimentava il Mulino Zauli, definito anche Mulino Nuovo, perché prese funzionalmente il posto del già citato Mulino di Capugnano (o Mulino Ranuzzi). L'odierna Piazza della Libertà rappresenta e ancor meglio rappresentava nel secolo scorso il cuore pulsante del centro porrettano. Il suo nome più antico fu Piazza degli Arrighi, definizione che riecheggia gli arenghi di comunale e medioevale memoria, fu il centro della vita sociale, economica e politica della contea fondata da Niccolò V nel 1447 e si chiamò poi Maggiore fino all'Unità d'Italia. Fu successivamente intitolata a re Vittorio Emanuele II e nel secondo dopoguerra, caduta la monarchia, fu definitivamente chiamata Piazza della Libertà.
Sul suo selciato in pietra nell'Ottocento prosperavano i maggiori esercizi commerciali, come il famoso ed elegante Caffè del Commercio, la cassa di Risparmio di Porretta non ancora unita a quella di Bologna...
Al posto dell'edificio che oggi è il Municipio, realizzato verso il 1930, esisteva il Piccolo Teatro edificato nel 1771-72 ed acquistato dalla Provincia di Bologna nel 1820. Nel 1861 fu riacquistato dal Comune di Porretta che continuò a farlo funzionare fino a quando nel 1910 fu costruito il Teatro Kursaal in Via Mazzini, sede oggi dell'omonimo cinema.
Piazza della Libertà verso la parte alta era chiusa dal voltone del Ponte dei Sospiri, non più esistente; da qui, attraverso una serie di stretti vicoli si potevano raggiungere le Terme, oppure, salendo la rampata, la Chiesa Parrocchiale. In Piazza si svolgeva almeno una parte dell'antichissimo mercato del sabato, risalente al XVI secolo. Questa tradizione è stata ripresa negli ultimi anni.
L'altra Piazza di Porretta è quella intitolata oggi a Giuseppe Garibaldi, che tuttavia continua ad essere comunemente definita delle Tele, in riferimento all'importantissimo ed antico mercato di tele di canapa che vi si svolgeva di sabato fin dal XVI secolo. Nel 1600 veniva definita indifferentemente anche Piazza del Pozzo.
LA FERROVIA TRANSAPPENNINICA
La prima grande via di comunicazione della Vallata del Reno è stata la Ferrovia Transappenninica. Prima della sua realizzazione infatti lo sviluppo del territorio ed in particolare di Porretta è stato condizionato dalla mancanza di collegamenti adeguati e sicuri con le principali città dell'Emilia e della Toscana. La Statale 64 Porrettana fu terminata solo nel 1847 dopo trent'anni di lavori, non riuscendo però a soddisfare le necessità del viaggiatore dell'epoca a causa della scarsa sicurezza e dell'incertezza sulla durata del viaggio.
Dopo una serie di controversie nel 1851 il Governo Austriaco, i Ducati di Parma e Modena, il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio sottoscrivevano una convenzione per la costruzione della Ferrovia, denominata "Strada ferrata dell Italia Centrale", che collegava Piacenza a Pistoia; il tratto Bologna - Bagni della Porretta - Pistoia venne iniziato nel 1856.
Fino a quel momento non era mai stata realizzata in Italia un'opera di tale portata: basti pensare che nel tratto in questione la linea è caratterizzata dalla presenza di ben 47 gallerie su un percorso di 133 chilometri. I lavori vennero affrontati con grande velocità e nel 1863 la nuova linea ferroviaria veniva inaugurata a Bagni della Porretta da Vittorio Emanuele II e l'anno successivo veniva aperta al traffico regolare.
La stazione di Porretta divenne così uno scalo di primo piano a livello nazionale, passaggio obbligato nel collegamento tra l'Italia Centrale e Settentrionale. La Ferrovia ha contribuito in modo determinante allo sviluppo economico e sociale delle popolazioni della Valle del Reno, rompendo il loro antico isolamento.
Fra i progettisti a cui venne affidata la realizzazione della Ferrovia grande importanza ebbe l'ingegnere francese Jean Louis Protche a cui è dedicata l'attuale Piazza della Stazione di Porretta Terme.
LA PARROCCHIA DI SANTA MARIA MADDALENA
La chiesa, di stile neoclassico, è di notevole ampiezza: poco più di 12 metri di larghezza e 43 di lunghezza.
L'edificio, posto in luogo elevato, ben visibile, che quasi domina Porretta dall'alto, è costruito sui ruderi di un antico fortilizio. Fu edificato in pietra su pianta a croce latina ad una sola navata, negli anni che vanno dal 1600 al 1690, ad opera degli architetti bolognesi Giuseppe Antonio Torri e Giuseppe Borelli.
La facciata è semplicemente monocuspidata e priva di ornamenti. Si notano all'interno della chiesa una fonte battesimale del 1618 e un'acquasantiera del 1642, entrambi in marmo.
Fra le cose più interessanti e di maggior pregio ricordiamo inoltre: sul terzo altare a destra un crocifisso ligneo del 1630 scolpito da Fra Innocenzo da Petralia Soprana; sul quarto altare a destra un dipinto di S. Anna con Maria bambina, attribuito ad Alessandro Guadassoni, buon pittore bolognese dell'Ottocento; la pala dell'altare maggiore "NOLI ME TANGERE" di Dionigio Calvaert, il maestro di Guido Reni; sopra la cantoria di sinistra un dipinto di S. Antonio Abate del '600, opera di Pier Maria Porrettano, ed una Madonna con Santi da attribuirsi al Tiarini.
Osservando la costruzione nel suo complesso è evidente una originaria impronta barocca a cui si è sovrapposta una sorta di freddezza neoclassica dovuta al restauro avvenuto nel secolo scorso.
Verso la metà del XIX secolo l'interno della chiesa fu abbellito con decorazioni e ricchi arredi sacri.
Nello stesso periodo fu restaurata la canonica, mentre nel 1810 era stato innalzato il campanile.
A fianco della chiesa è da segnalare il pregevole Oratorio della Confraternita del Santissimo.
ORATORIO DI SAN ROCCO
Oggi è conosciuto come Oratorio di S. Rocco, ma all'epoca della costruzione (primi anni del '500) era dedicato al SS. Sacramento; più o meno allo stesso periodo risale la fondazione dell'omonima Confraternita.
Inizialmente si trattava di una stanzetta posta sopra la canonica, in seguito venne trasformata ed abbellita collocandonvi un piccolo altare. Verso la fine del '500, in occasione della ricostruzione ex novo della canonica, sorge il nuovo oratorio.
La sua storia è strettamente legata a quella della Confraternita del SS. sacramento, che rappresentava, insieme all'altra di S. Francesco, un pò il centro della vita parrocchiale, ed attorno ad essa ruotavano quelli che oggi chiameremmo con un termine moderno "i laici impegnati".
Un fatto importante per la struttura dell'oratorio fu la demolizione della parrocchiale e la costruzione di una nuova chiesa verso la fine del 1600.
Con essa l'oratorio che prima probabilmente era molto rialzato rispetto al piano della chiesa stessa, venne ad essere più in basso del piano della nuova. La disposizione degli edifici sostanzialmente è quella giunta fino a noi.
Elementi importanti dell'oratorio erano: l'organo in una cantoria ed il quadro dell'altare maggiore, raffigurante Cristo, la Maddalena, S. Carlo e S. Rocco.
Alla fine del '700 vennero soppresse le Confraternite, quindi anche quella del SS. sacramento, ma l'oratorio continuò nella sua funzione ausiliaria della chiesa parrocchiale, e nella forma che aveva assunto verso il 1750 è giunto fio ai giorni nostri.
IL CONVENTO DEI FRATI CAPPUCCINI
Il terreno per l'edificazione del Convento venne donato ai Frati Cappuccini dai Fratelli Nanni nel 1857. Nel Luglio del 1859 venne benedetta la prima pietra della Chiesa intitolata a Maria Immacolata.
I lavori furono poi interrotti per nove anni causa il sequestro dei beni degli Ordini Religiosi operato in seguito all'Unità d'Italia nel 1861.
Nel 1874 si arrivò al limite delle prime due cappelle; nei due anni successivi si improntarono tutte e quattro le cappelle e si scalpellarono i pezzi ornamentali, sia per la facciata che per le singole finestre della chiesa. Nel 1877 si completarono le volte e si arrivò alla costruzione dell'altare maggiore e della relativa balaustra. L'anno dopo si aprì la chiesa al culto. La consacrazione risale invece al 1909.
L'attività apostolica dei Cappuccini di Porretta non si limitò ad operare esclusivamente nella loro chiesa, ma diffuse la conoscenza di San Francesco e del francescanesimo in tutto il raggio della loro giurisdizione.
IL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL PONTE
Il culto legato alla devozione dell'immagine sacra della Madonna viene fatto risalire al 1249, epoca in cui venne sperimentata l'efficacia delle sorgenti termali della città. La prima costruzione era una maestà la cui parete di fondo era costituita dalla roccia su cui era dipinta la Madonna. Tra il 1578 ed il 1585 l'originario edificio venne trasformato in un piccolo oratorio, a dimostrazione di quanto fosse profonda la devozione nei confronti della Vergine.
Presso il Santuario si verificarono molti eventi miracolosi documentati dai testi storici e dai numerosi ex voto conservati; il più noto è sicuramente quello avvenuto intorno al 1599, quando una quarantina di pellegrini, di ritorno dal Santuario, furono coinvolti nel crollo del ponte restando incolumi. Nel 1599 si decise di ricostruire in muratura il vecchio ponte in legno che collegava il Santuario con l'attuale Statale Porrettana in quel tratto scavata nella roccia. Ancora oggi accanto al tempio una lapide nella roccia ricorda quell'avvenimento.
Nel 1613 iniziò la tradizione, che rimane tuttora, di trasportare l'immagine della Madonna, nel periodo delle rogazioni, alla Parrocchia di Porretta per poi riportarla al Santuario il giorno dell'Ascensione, tradizione che deriva sicuramente da quella analoga della Madonna di San Luca a Bologna. Fu in quel periodo che l'immagine venne dotata della fioriera.
A trasportare l'immagine fu fin dal 1613 la Confraternita del Santissimo Sacramento, l'organizzazione antica di Porretta nata già all'inizio del Cinquecento.
I lavori per la ricostruzione completa del tempio iniziarono nel 1855, ma furono lunghi e difficoltosi a causa della parete rocciosa che occupava il sito ove doveva sorgere il nuovo Santuario (proprio accanto all'originario che non fu abbattuto fino all'ultimo momento), finalmente nel 1874 fu pronta la spianata e fu posata la prima pietra. L'edificio venne realizzato a pianta ottagonale in blocchi di arenaria scalpellata su progetto dell'architetto Saverio Bianchi.
La nuova chiesa venne consacrata nel 1881 mentre l'immagine venne incoronata il 15 agosto 1893. La prima immagine della Madonna era dipinta, come abbiamo detto, nella roccia, ma a causa del suo deteriorarsi, all'inizio del 1600 venne sostituita da un dipinto su tavola di Ferdinando Berti, buon pittore fiammingo, sul modello della precedente. All'interno del Santuario alcune opere interessanti di pittori bolognesi quali Samoggia e Guadassoni. Nel 1956 venne inaugurato, all'interno del Santuario il Sacrario del Cestista; la Madonna del Ponte è stata infatti eletta quale protettrice di tutti i cestisti d'Italia. Si tratta di una piccola cappella con un altare in pietra, il bassorilievo dell'artista Cesare Vincenzi rappresenta un cestista morente e la visione della Vergine, a rappresentare le otto province dell'Emilia Romagna furono accese otto lampade. La cerimonia di inaugurazione coinvolse sessanta tedofori che portarono una fiaccola dal Santuario della B.V. di San Luca a Bologna fino al Santuario di Porretta e, a ricordo della cerimonia, sull'altare della Cappella è stata accesa una lampada votiva. Il Sacrario è stato restaurato in occasione delle celebrazioni per il quarantennale nel 1996, durante la cerimonia si è ripetuta la staffetta dal Santuario di S. Luca.
Ex comune di Granaglione
GRANAGLIONE, Comune in provincia di Bologna, dista 67 Km dal Capoluogo di Provincia.
E' questo il Comune più meridionale della provincia di Bologna, a confine con la Toscana (comuni dì Pistola e Sambuca Pistoiese), dalla quale lo separano il corso del Fiume Reno e del torrente Orsigna, suo tributario di sinistra, mentre il Rio Maggiore ne segna in gran parte il confine con il comune di Porretta Terme.
II territorio del comune si estende in gran parte sulle pendici scoscese delle montagne che coronano la Valle del Reno verso occidente, distendendosi in alture meno tormentate solo nella zona di Borgo Capanne, Varano, Madognana, dove gli ultimi contrafforti del Monte di Granaglione digradano più dolcemente verso Porretta. Qui la migliore giacitura ed esposizione dei terreni consentono le coltivazioni agricole. Nel restante territorio è il bosco di castagni, faggi o conifere di rimboschimento, a farla da padrone, con una estensione fra le più ampie della provincia in rapporto alla superficie complessiva del comune.
La lunga pendice arenacea a sinistra della Valle del reno è solcata da innumerevoli corsi d'acqua, ma da una sola vallata di rilievo, per estensione del bacino e popolamento, quella del torrente Randaragna, che confluisce nel Reno poco sopra l'abitato di Molino del Pallone. Da ricordare anche che i monti di Granaglione nascondono un minerale molto bello ed apprezzato: il quarzo nella varietà conosciuta in tutto il mondo come "quarzo della Porretta"...
CENNI STORICI
Circa l'origine del toponimo di GRANAGLIONE, l'ipotesi più corretta, proposta da Leonello Bertacci e ripresa da Amedeo Senati, la riconduce alla "radice germanica (longobarda) da cui provengono warnen, che significa “guardarsi”, e waren che significa “osservare, fare attenzione poi la medesima radice che ha generato i vocaboli italiani "guarnire" e "guarnigione", nonché "guardare" e "guardia", il nome GRANAGLIONE potrebbe dunque significare "luogo munito e luogo di osservazione".
L'etimologia proposta si adatta certamente alla collocazione geografica del paese, che dall'alto dei suoi 800 metri domina una vasta parte della Valle del reno, e si collega, altresì, alle origini storiche di questi insediamenti di confine, che dipesero civilmente, fino al 1219, da Pistoia, forte centro longobardo e poi comune in perenne lotta con i Bolognesi. Ancora il Benati identifica un centro amministrativo e militare longobardo della Valle del Reno nel paese di Stagno (attuale comune di Camugnano). Lo stesso territorio e quello di GRANAGLIONE, dipendevano però dal Vescovo di Bologna, ed avevano nella Pieve di Succida, (oggi Capanne nel comune di GRANAGLIONE), dedicata a S. Giovanni Battista, il loro centro più importante, con un vasto numero di parrocchie e territori dipendenti (erano ventidue nel 1366). Alcuni resti dell'impianto dell'abside romanica ed il ritrovamento nello stesso luogo, dietro l’attuale chiesa, di numerose monete imperiali romane bizantine, fanno risalire almeno al 1000 la costruzione dell'edificio sacro e ad un periodo precedente la La frequentazione del luogo, posto in posizione panoramica a pochi chilometri dal fondovalle del Reno.
Succida, o Capanne, e GRANAGLIONE furono poi fusi dai Bolognesi in un unico comune, al quale si aggiunsero le "VilIe" di Boschi e Lùstrola, il cui Governo era concentrato nelle mani di poche famiglie fra le più ricche ed importanti delle comunità, i cosidetti "antichi originari".
CENNI ARTISTICI
GRANAGLIONE e tutto il comune sono ricchi di interessanti esempi d'architettura spontanea. La frequentazione e l'attaccamento degli emigrati ai propri luoghi d'origine hanno permesso di conservare in gran parte intatti i caratteristici edifici che costituiscono i borghi del territorio comunale, tutti ugualmente interessanti perché le tipologie costruttive ed i materiali utilizzati consentono loro di inserirsi perfettamente nell’ambiente naturale. Dalla seconda metà del XIV secolo e soprattutto tra il XV e il XVII secolo passarono nella valle del Randaragna i maestri muratori (mormoraii), quelli lombardi e comacini costruendo molte case degli abitanti a: Le Noci, Nibbio, Casa Boni, Casa Nasci.
A Lùstrola, degna di nota è la bella e antica chiesa di S. Lorenzo. Scorci di particolare suggestione si possono cogliere nei numerosi borghi dell'alta Valle del Randaragna, a Case Boni, Case Calistri, al Poggio dei Boschi, in magnifica posizione panoramica e nei diversi quartieri in cui si articola l'abitato di GRANAGLIONE, dove merita una visita la Chiesa parrocchiale di S.Niccolò (le prime notizie della quale risalgono al 1220), e l'antica casa dei Marconi, famiglia d'origine del celebre inventore.
Una nota a parte merita il borghetto più estremo ed alto della valle, Casa Pacchioni, raggiunto solo da pochi anni da una strada carrozzabile che ha favorito, almeno, la realizzazione di diversi restauri alle antiche abitazioni, da anni completamente abbandonate.
Da ricordare sono anche gli antichi oratori dislocati nelle varie frazioni: a Casa Boni l'oratorio della SS. Annunziata (1703), a Poggio dei Boschi l'oratorio di S. Michele (1702), a Casa Nasci l'oratorio di S, Antonio (1703), a Olivacci l'oratorio di S. Matteo (1754), a Madognana l'oratorio dedicato alla B.V. della Vita, ed infine l'oratorio di S.Michele in località Vizzero.
Poco lontano dal paese di GRANAGLIONE, sorge la pìccola chiesa di Calvigi, santuario dedicato al culto della Madonna. L'origine di tale devozione è legata alla fede popolare nelle capacità miracolose di un dipinto su pietra raffigurante la Vergine - risalente alla prima metà del '500 - fatto eseguire dal parroco di S. Nicolo dì GRANAGLIONE. Un secolo più tardi ( attorno al 1634 ), quale ringraziamento per essere scampata dal pericolo della peste, la comunità fece voto solenne di erigere un santuario. La chiesa, ampliata nel 1635, secondo un'iscrizione presente sulla facciata, fu dotata di
campanile nel 1833.
Alla fine dello scorso secolo, la cappella maggiore fu ristrutturata e ampliata, con il concorso volontario dell'intera popolazione, che ogni domenica scendeva in processione fino al Reno ove prelevava la sabbia ed i sassi necessari alla fabbrica,
L'antica immagine della Vergine dipinta sulla roccia, ormai illeggibile, è stata sostituita, nel 1954, da una copia in ceramica faentina, che viene portata in processione a GRANAGLIONE ogni anno e ogni dieci in tutto il territorio comunale, nel periodo di Ferragosto. Dell'antica devozione popolare restano come traccia numerosi ex voto, fra i quali spiccano sei tavolette lignee di fattura ottocentesca. Nel 1863, venne inaugurata la ferrovia Porrettana (da Bologna a Pistoia ), che costeggia il fiume Reno ed il territorio del comune da Ponte della Venturina a Pracchia. L'apertura, di poco successiva, di una stazione ferroviaria a Molino del Pallone indusse un rapido sviluppo edilizio ed economico in quello che prima era un isolato molino in fondo alla valle, facendovi convergere tutti i traffici e i commerci della zona, e determinando uno spostamento anche della sede comunale, non senza annosi e La coltivazione del castagneto e la trasformazione del suo prodotto hanno costituito, in passato, l'attività agricola principale della zona e di ciò resta vasta traccia nella cultura popolare. Recentemente nell'intento di riscoprire e di rivalutare questo frutto e la tradizione ad esso collegata, sì è costituito un consorzio di castanicoltori, in collaborazione l'Amministrazione Comunale; degni di nota i risultati finora conseguiti che hanno portato anche a nuovi metodi di utilizzo della castagna.
UOMINI ILLUSTRI
Nella frazione Capanne vi nacque il commediografo Gherardo Gherardi (1891 -1949).
ALTRE NOTIZIE
Patrono S. Nicolo 6 dicembre); al santuario di Calvigi festa il 15 agosto.
Nel campo delle tradizioni e del folklore, questa terra di confine mostra la sua tendenza a conservare e tramandare. Ricchissimo è il repertorio di detti, favole e canti, sia religiosi che connessi al lavoro. In particolare, il "Maggio", tanto nella forma lirica quanto in quella drammatica, è stato rappresentato fino a prima della guerra,
Diverse piste forestali conducono da GRANAGLIONE, Case Forlai e Poggio dei Boschi a! crinale fra la Valle del Reno, quella del Randaragna e la Valle del Rio Maggiore, al passo Tre Croci ed al rifugio di Monte Cavallo (m. 1280) come al monte di GRANAGLIONE, attraverso castagneti, pascoli, faggete e boschi di conifere (fra le quali sono anche esemplari di dimensioni monumentali) che conferiscono a questa zona, popolata di daini, caprioli ed altra fauna selvatica, grande bellezza e pregio ambientale. Gli escursionisti possono trovare riparo e ristoro nel rifugio recentemente ristrutturato, nonché la possibilità di trascorrere la notte in comode sistemazioni.